In un quadro economico che vede forti distorsioni causate dall’emergenza sanitaria, il nuovo Codice della Crisi d’Impresa, che entrerà in vigore il primo settembre di quest’anno, si pone come strumento per prevenire le situazioni di crisi attraverso adeguati sistemi di allerta.
Ma quali sono le novità rispetto all’attuale Legge fallimentare?
«Nonostante la materia dei reati fallimentari rimanga sostanzialmente invariata, il cambiamento lessicale introdotto dal nuovo Codice della Crisi d’Impresa avrà in ogni caso un certo peso», sottolinea l’avvocato Pier Nicolò Cecchin, una delle anime dello Studio Legale Associato BBCZ di Vicenza, che si occupa in via principale di Diritto Penale di Impresa.
«Non si parla più infatti di “fallimento”, ma si fa solo riferimento alla “liquidazione giudiziale”. Se parliamo ad esempio di bancarotta, quest’ultima si ha quando l’imprenditore sottoposto a liquidazione giudiziale adotta condotte illecite per salvare il proprio patrimonio. Va però fatta un’importante distinzione tra “bancarotta semplice” e “bancarotta fraudolenta”: nel primo caso l’imprenditore commette il reato con colpa, quindi lo fa per negligenza, per imprudenza o per imperizia, mentre nel secondo caso egli commette il reato con dolo, cioè con volontà e coscienza di commetterlo. A sua volta, la bancarotta fraudolenta ha tre fattispecie fondamentali: “documentale”, “per distrazione” e “preferenziale”. La “documentale” si ha quando gli illeciti vengono commessi sulla documentazione di impresa, per esempio quando si falsificano i bilanci, oppure si nascondono o distruggono i libri contabili. La bancarotta fraudolenta “per distrazione” la commette l’imprenditore che cerca di sottrarre in maniera illecita i beni personali e aziendali ai creditori. Infine, quella “preferenziale” è la bancarotta che va contro al principio della par condicio creditorum, e quindi l’imprenditore in questo caso raggira i creditori simulando dei diritti di prelazione che in realtà sono inesistenti. Infine, a seconda che la bancarotta venga commessa dall’imprenditore o da altri soggetti afferenti alla compagine societaria (es.: amministratori, membri del collegio sindacale), essa si distingue in “propria” ed “impropria” ».
Ciò che va sottolineato è l’importanza di lavorare ex ante, e non, come spesso accade in ambito penale, dopo l’atto che porta l’interessato a conoscenza dell’esistenza del procedimento, come l’informazione di garanzia o l’avviso di conclusione delle indagini preliminari, o la fissazione dell’udienza. «A quel punto il giudice si trova di fronte un fascicolo con evidenze squisitamente documentali dalle quali è molto difficile difendersi», conferma l’avvocato Cecchin.
«Ricordiamo che per labancarotta semplice sono previste pene che vanno da sei mesi a un massimo di due anni, ma per la fraudolenta si arriva fino a dieci anni, senza contare che c’è il passaggio obbligato per l’udienza preliminare, per cui è un processo molto più lungo, che diventa sicuramente anche più dispendioso in termini di tempo e di denaro. È quindi importantissimo che gli imprenditori si affidino a una consulenza professionale mirata in un momento antecedente a quello che poi può portare a una crisi d’impresa, anche dal punto di vista penale, con il fine di regolarizzare tutti gli aspetti formali, con un’attenzione particolare nella compilazione e nell’aggiornamento di tutte le scritture contabili obbligatorie, nel redigere i bilanci secondo i criteri e le formalità del codice civile. Ciò che sembra riferirsi solo a mere formalità si traduce in realtà in una salvaguardia del patrimonio aziendale».
Intervista a Maurizio Camillo Borra su A&F di La Repubblica.
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